23.11.11

Magalí Pizarro, di Ora Italia, è andata in viaggio alla scoperta della Patagonia perduta. Ecco un post che vuol essere il primo di una lunga serie per raccontare la terra che ci a visto nascere come persone e come programma radio. Andiamo alla scoperta di Valcheta e Nahuel Niyeu, in provincia di Río Negro. 

Se diciamo Patagonia, cosa vi viene in mente?

camino a Valcheta...
Sicuramente vi verranno in mente - come ai nostri amici su facebook -  i 'paesaggi bellissimi e sterminati', 'spazi aperti immensi senza anima viva', 'laghi e montagne', 'balene', 'allegria','un sogno', 'avventura' e 'natura'... in sintesi: 'altro mondo'. 
In effetti, la Patagonia è tutto quello e di più.
 amarillo silvestre
<<Non c'è niente da fare, i luoghi mitici hanno sempre un bel nome>> Scrisse Jovanotti a proposito della Patagonia nel suo libro "Il grande boh!". 

transitando a pie la Ex-ruta 23

Patagonia. Il nome di questa terra sembra parlasse da solo. E invece c'è tutta una spiegazione dietro a questo nome così strano e invitante. 

Bisogna tornare indietro nel tempo. Andiamo al 1520. Immaginiamo di essere Ferdinando Magellano in spedizione e di trovare i nativi tehuelches che abitavano tutta la Patagonia e la regione pampeana. Approdato sul Atlantico nel porto di San Julián, Magellano decise di soffermarsi durante tutto l'inverno austral. Camminando sulla spiaggia trovò delle grandi impronte sulla sabbia. Erano le impronte dei tehuelches, uomini di grande ossatura e altezza, gli unici padroni di questa terra senza fine. Il primo incontro fra gli europei e i tehuelches fu documentato dal cronista italiano della spedizione, Antonio Pigafetta. 
Nella Relazione del primo viaggio intorno al mondo,  Pigafetta racconta come gli europei siano riusciti a comunicarsi con la tribu imitando i sui gesti, riuscendo a scambiare conoscenze e a coesistere durante cinque mesi. Secondo il resoconto del cronista italiano, Magellano avrebbe osservato i grandi piedi degli indigeni e avrebbe chiamato loro, in portoghese, pata gau, cioè: piede grande. Da lì deriverebbe poi in spagnolo il nome patagones, per chiamare i tehuelches, e la loro terra: la Patagonia. 
el árbol más grande encontrado. Un Araucaria de 30mtsGrandi non erano solo i piedi dei patagones. C'erano anche gli alberi. Anche tanto tempo prima, 150 milioni di anni fa quando la Patagonia era terra di giganti, di Dinosauri. Oggi, i giganti non ci sono più. O meglio... ci sono, ma sotto metri e metri di terra. 

A Valcheta, in provincia di Río Negro, trovare questi giganti di legno è possibile. Nella riserva naturale del Bosco Impietrito   si possono trovare esemplari di 20 e 30 metri, tutti impietriti dopo una pioggia intensa di ceneri vulcaniche  che sostituì le cellule vegetali, trasformandoli in pietre. 
Sembra impossibile immaginare che questi alberi siano esistiti. Ora, in quello che una volta era un bosco verde, pieno di vita, la siccità ha vinto.  

cuidar lo nuestro. Sea poco o sea mucho.un nene valchetaneaense juega en el arroyo
Perché la Patagonia non è solo verde e natura. È anche deserto. E a  volte trovare un piccolo ruscello in mezzo al nulla, può essere l'allegria più bella al mondo di un bambino che non conosce l'acqua pulita e la forza del fiume. Noi, abituati a vivere in una città dove fiume e mare ci circondano, ci siamo stupiti guardando come un bimbo giocava in un ruscello a cui nessuno pare interessare la sua protezione naturale, nonostante ci siano diversi messaggi rivolti ai cittadini. 

La Patagonia è anche quello. È le persone. Quelle persone che ormai abituate a vivere in un posto magnifico, non sono consci di quanto siano fortunati e, a volte, non capiscono quanto sia importante tutelare il nostro territorio. 


las vías, un vecino y su caballo

Non tutelare ciò che è nostro, è non pensare in quel bimbo che faceva il bagno nel ruscello. Ed è non pensare nei tanti bambini che abitano queste zone. 

Io i bambini ce li ho a casa. E al lavoro. Sono più di 300 i ragazzini a cui insegno (e da cui imparo) ogni giorno una cosa diversa. 

Noi ci troviamo in Patagonia. Si. Ma a Viedma, nel capoluogo, dove questa terra inizia e non ha fine. 
A Viedma sembra tutto semplice, e lo è! L'acqua per fare la doccia non è una necessità che non possiamo coprire. La luce ce l'abbiamo. C'è anche un telefono in ogni casa e tutto quanto necessario per sopravvivere. 
Molto diverso è in altre zone. Non troppo lontane, ma distanti 300km dal capoluogo storico della Patagonia. 
Per arrivare non ci vogliono più di 3 ore. Semplice. Sulla nuova via asfaltata (a metà costruzione) che connetterà prossimamente tutta la Linea Sud del Río Negro, dall'Atlantico alla Montagna in un percorso di 1.000 km. 

Camino al Arroyo (seco en esta época).

Dopo percorrere 300km da Viedma si arriva a Nahuel Niyeu, così chiamato per essere considerato la "tana delle tigri". Nahuel Niyeu è un paese di poco più di 40 abitanti, nato intorno al 1911, periodo in cui il governo argentino iniziò la costruzione delle ferrovie del sud. Un'opera in cui fu essenziale il lavoro del Ingegnere modenese Guido Jacobacci, di cui un altro paesino patagonico porta il suo nome.

las vías y la nada

Arrivare a Nahuel Niyeu è entrare  in un altro mondo che niente ha a che fare con il nostro.  
Un unico telefono pubblico aspetta da solo in una casa, e ogni tanto squilla in cerca di qualcuno. All'inizio ci può dar fastidio non avere rete sui nostri telefonini, oggi pieni di 'app' e con il mondo dentro. Ma che mondo? 

A Nahuel Niyeu prima ci si scorda di tutto e meglio è. 


el caballo y su casa

Il telefono pubblico non smettete di suonare durante il nostro soggiorno. Le persone del posto ci chiamavano per il cognome a scquarciagola "Pizarrooo, La chiamano al telefono"... 

Fuori, in mezzo al nulla, c'è il monumento all'innovazione (fra virgolette). Un'antenna Internet. Si, anche nel deserto Patagonico è possibile collegarsi a 512kb. Niente male. Soprattutto se teniamo conto che lì, a Nahuel Niyeu, la doccia si può fare tre volte alla settimana per mancanza di un buon servizio d'acqua pottabile. 

Quando uno arriva porta la frenesia. Ma ci si rende subito conto che il ritmo di questo paese è diverso. Noi parliamo a 300km all'ora. Loro hanno bisogno di tempo, del suo tempo. 
futbol, lenguaje universal.
Dopo qualche ora ci si trova tutti in armonia. Tutti abituati alla velocità del paese. 
I bambini giocano a calcio e si capisce tutto facilmente. Un ragazzino porta la maglietta della Nazionale Italiana e fa uno strano effetto... 
Il calcio è lingua universale. Come la musica. 

Sul posto c'è un'unica scuola. E non è una scuola come tutte. Oltre ad essere lo spazio di istruzione è la loro casa. 15 bambini abitano lì, insieme alle maestre e ai professori. È come una grande famiglia. La famiglia che tanti di quei bambini non hanno. 
bien alta la bandera argentina. 08.00 amI genitori  lavorano in campagna e, a marzo, lasciano i figli a scuola fino a dicembre, quando finisce l'anno scolastico.
Se riescono,  vengono a prendere i suoi figli ogni quindici giorni per passare insieme a loro il weekend. A volte però non viene a prenderli nessuno. Ed è subito tristezza e solitudine. Quella solitudine che molti di noi, in viaggio di avventura nella profondità della Patagonia, cerchiamo e, quando la troviamo, ci piace tanto. 
escuela a la vista...