Dal
15 maggio il Complesso Monumentale dei Dioscuri al Quirinale rende
omaggio a Vittoriana Benini con la mostra dal titolo “Vittoriana
Benini - Intima
atmosfera del reale”,
in programma nella splendida cornice di Via Piacenza 1 fino al 30
maggio prossimo (dal lunedì al sabato, con orario 10.00-13.00 e
14.30-18.00 e ingresso libero). L’esposizione
-
che nasce da un progetto
ideato da Nicolina Bianchi,
critico
d’arte, editore e direttore responsabile del periodico Segni d’Arte
e da Maurizio Fallace,
già Direttore Generale del MIBAC per gli Istituti Culturali,
Biblioteche e Diritto d’Autore e che è stata patrocinata dal MIBAC
– Direzione Generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali e
il diritto d’autore, dalla Presidenza del Consiglio Regionale, dal
Comune di Mordano e dal Municipio I - Centro Storico di Roma Capitale
- offre
al grande pubblico la
possibilità di conoscere uno spaccato importante della vasta e ricca
attività pittorica di Vittoriana Benini e di
ammirare da vicino i lavori di un’artista
che ha raggiunto un ruolo di primo piano nell’arte contemporanea
italiana e internazionale, ottenendo riconoscimenti significativi.
Pittrice
e scultrice dalla spiccata sensibilità, ma anche grafica e
disegnatrice, Vittoriana Benini è dotata di un talento
non comune,
che
l’ha resa capace,
pur attenendosi ai valori ereditati dalla tradizione, di
elaborare un linguaggio proprio, sia per le tematiche e i soggetti
trattati che per le soluzioni pittoriche adottate, in grado di
esprimere sentimenti ed emozioni che trovano il proprio spazio tra il
presente della vita quotidiana e la memoria. In
questo contesto i suoi quadri rappresentano una vetrina dei sogni in
cui la pittura dell’artista - caratterizzata dai colori ricchi di
vibrazioni timbriche, ma delicata, morbida e amabilissima
nell’approccio con chi la osserva - seppur ancorata alla percezione
dell’infanzia, la dilata su scala universale facendone un’intera
costruzione figurativa.
La
mostra, egregiamente curata da Nicolina Bianchi, punta a raccontare
la prorompente forza creativa della Benini attraverso un’ampia
raccolta di lavori, circa 50 opere, che
rappresentano un
interessante viaggio all’interno delle tematiche della sua
produzione. Così
accanto
alle
tante tele che celebrano la donna in una condizione familiare e
domestica “dove – per dirla con le parole di Vittorio Sgarbi –
sono presenti malinconia, dolore, insoddisfazione, indifferenza nel
senso di Alberto Moravia”, si impongono all’attenzione dello
spettatore anche pagine autobiografiche e quadri in cui, ad essere
ritratti, sono bambini e pagliacci, fiori e nature morte, anziani e
contadini fino ad arrivare alle amate bambole, in quest’occasione
celebrate anche con una preziosa raccolta di esemplari antichi la cui
presenza sottolinea ulteriormente l’amore della pittrice per questo
giocatolo, metafora dei più importanti sentimenti e valori della
famiglia e della vita.
Nata
a Imola nel 1941, Vittoriana
Benini inizia a disegnare e a dipingere giovanissima, tanto
che già in quinta elementare vince
il
primo
di una lunga serie di premi e riconoscimenti. Negli anni ’70, dopo
aver comunque perfezionato il disegno tecnico e quello a mano libera,
si
iscrive alla “Scuola di arti e Mestieri” di Massalombarda e all’
“Accademia di Belle Arti” di Ravenna, dove è allieva dei Maestri
Folli, De Grada, Spadoni, Zancanaro e Caldari,
e si dedica allo studio del corpo umano e particolarmente alla figura
femminile. Oltre che quello di Massalombarda e Ravenna, l’artista
continua ad avvertire il clima del contesto imolese, animato fino
alla metà del ‘900 da artisti di tradizione,
quali Amleto Montevecchi, Tommaso Della Volpe e Anacleto Margotti,
ma intrattiene anche rapporti con Rossi, Ruffini e Gottarelli, che le
danno l’apertura mentale per crescere.
Dopo un periodo dedicato all’insegnamento, Vittoriana Benini si
indirizza verso la grafica pubblicitaria. Negli
anni ’80 decide,
poi,
di raccogliersi in sé stessa e rielaborare quanto acquisito dagli
studi accademici per fonderlo con la preesistente ispirazione
soggettiva. Nel decennio successivo arriva a definire una tematica
propria nella quale un ruolo di primo piano è affidato alla donna,
figura dalla profonda forza interiore consacrata
in una condizione che, come scrive Vittorio Sgarbi, ӏ la
condizione della donna nella storia, una storia che è fatta non
combattendo, non facendo la guerra, ma attraverso la costruzione e
l’educazione dei figli”.
Accanto
alla figura femminile, acquisisce un ruolo da protagonista la
bambola.
E’ questo un ciclo di lavori importante in quanto con esso viene in
luce la capacità dell’artista di compiere il gesto pittorico con
minuzia e con notevole intensità intimistica. “L’idea della
bambola – come scrive anche Claudio Strinati nella sua
presentazione a catalogo – sembra infatti la vera chiave di lettura
di tutto il mondo poetico dell’artista”, un mondo che vede
partecipe anche il passato che ritorna, un’umanità fatta di clown,
teatranti da strada e maghe capaci di predire la sorte, una
carrellata di personaggi che si perdono nella nostalgia. A
consacrarla, nel 1997, la mostra “Women and Dolls” alla
prestigiosa Feirligh Dickinson University negli Stati Uniti, e l’anno
successivo l’esposizione in Arkansas, all’Art Foundation Hot
Spring.
Nel 2000
l’artista inizia un nuovo percorso: “tra sogno e realtà” e “il
teatro della vita”, nel quale si alternano artisti di strada, clown
e personaggi del circo.
A queste tematiche si affiancano presto quelle rappresentate dalle
“vecchie
cartoline”, rappresentazioni pittoriche che legano il passato al
presente
attraverso personaggi reali e di sogno. La sua continua evoluzione la
porta nel 2008 a una nuova ricerca della tridimensionalità, nei
volumi, nelle luci e nelle architetture dove i suoi personaggi
prendono vita. Intanto negli
Stati Uniti cresce la notorietà di Vittoriana che registrata un
ottimo successo di pubblico e di critica alla mostra in Texas.
Significativo anche il successo ottenuto con l’esposizione
all’Ambasciata alla Repubblica Araba d’Egitto e quello dell’anno
successivo a Palazzo Barberini. Dopo l’ennesima esposizione in
Texas, nel 2010, Vittoriana registra un ottimo riscontro anche
all’evento ADMO al Palazzo Ducale di Sassuolo (Mo).
Di
lei hanno detto:
“(…)
L’idea della bambola sembra infatti la vera chiave di lettura di
tutto il mondo poetico dell’artista. “Mondo”, è lecito
definirlo perché Vittoriana Benini ha fortissimo il senso della
famiglia e della sua trasposizione pittorica. Dipinge sempre, si
sarebbe tentati di dire, un solo soggetto che è, appunto, la sua
famiglia, ma logicamente questa famiglia in parte è quella vera,
della vita reale, in parte è quella della fantasia della bambina in
grado di animare le cose e le persone stesse intorno a lei, secondo
un progetto fantastico da giudicare più come quello depositato nella
mente che come quello della concreta esistenza. Tutti i personaggi
rappresentati da Vittoriana sono in effetti, dal punto di vista
pittorica, “pupazzi”. Lo sono le bambole, ovviamente, ma anche le
persone autentiche, ma tutti sono presi dall’autrice e immessi in
quella specie di teatrino che riguarda tutta la sua parabola di
artista e il suo modo di pensare e di esprimersi in pittura ricorda
in qualche modo quelle domeniche in cui qui a Roma da bambini
andavamo vedere il teatro dei burattini sulla piazzetta del Pincio
(…). Vittoriana è rimasta come ancorata a questa percezione
dell’infanzia e la dilata su scala universale facendone una intera
costruzione figurativa. Anche un po’ inquietante, a volte, sempre
l’essere umano è affascinato da quel crinale, per l’appunto
preoccupante, che separa l’animato dall’inanimato. La statua che
prende vita, il quadro che si muove, il fantasma che trapela nel
buio. (…).La pittura di Vittoriana è poeticamente atteggiata,
delicata, morbida, con una punta di voluta ingenuità che la rende
gradita all’ osservatore e amabilissima nell’ approccio. Eppure
una qualche durezza resta latente nel suo delicato universo poetico.
Ma è ben logico e, se possibile, ancor più coinvolgente per chi
guarda. Perché questa arte non è un banale incantesimo né un
bamboleggiante ammiccamento a un’ idea di arte “naif” e in
definitiva marginale, ma è un interessante scandaglio lanciato nel
profondo pur nella ferma intenzione di tenersi, nell’ ambito della
stesura pittorica, su una superficie che non vuol dire superficialità
ma morigeratezza dell’ eloquio. Non è male come lezione
inevitabilmente impartita dall’ artista ai suoi ammiratori. Si è
parlato per lei di una pittrice che si pone il problema del
significato della femminilità. Non è un osservazione fuori di luogo
ma anzi è una porta di accesso molto diretta a questa arte, intima
ma di larghe vedute e di acute idee.”. (Claudio Strinati)
“L’incontro
con la pittura di Vittoriana Benini è un incontro felice. Perché si
tratta di una pittrice che sa dipingere e dipinge, non sceglie altre
strade. Quindi, facendo proprio l’assioma che l’arte è una
promessa di eternità, persegue la tradizione della pittura come
capacità di esprimere sentimenti, emozioni e visioni. Quella
tradizione secondo la quale la vita quotidiana è fondamento
dell’arte, in quanto ogni opera d’arte, come ogni essere umano,
ha una propria individualità specifica, che è poi il mistero del
suo rapporto con l’atto creativo da cui è nata l’opera stessa.
Nella sua pittura calda e pastosa, prevalgono le figure femminili, le
figure dei bambini e delle bambole. Forse questo ha un significato
che andrebbe approfondito in termini psicoanalitici e psicologici più
che in termini critici in quanto si percepisce che l’idea che il
dominio di questi dipinti sia non il potere dell’uomo, ma la
gentilezza o l’antipotere della donna nella sua dimensione
domestica, dove i bambini, che hanno la loro formazione grazie alle
donne, rappresentano una posizione intimamente e profondamente
femminista espressa da una donna che, probabilmente, non è
femminista nella sostanza ideologica ma che ritiene che il ruolo
della donna sia un ruolo importante, per cui per la Benini la pittura
deve consacrare non un ritratto di una donna importante,
protagonista, ma piuttosto deve consacrare una condizione che è la
condizione della donna nella storia. (…) La sua è un’analisi
emotiva, lirica, personale, dove la profonda umanità e la dolcezza
dello sguardo intenso e penetrante fanno trasparire parte della vita
interiore, dei sentimenti e delle emozioni della donna rappresentata,
che assurge a modello di bellezza. Come Modigliani ha rappresentato
il simbolo della bellezza femminile nella pittura, dell’eleganza,
della grazia, così Vittoriana Benini rappresenta la bellezza
femminile fatta di dolcezza, di poesia, di quei sentimenti puri che
si traducono in emozioni. E’ una bellezza inaccessibile come la
dolcezza delle parole e della musica, come il corpo femminile, come
il rigoglio della natura, come l’eternità del tempo.” (Vittorio
Sgarbi)
“(…)
Si respirano gli umori della buona pittura nello studio di Vittoriana
Benini, due stanze incastonate nella sua antica casa di Mordano, una
piccola oasi immersa nel verde della pianura romagnola. Sparsi in
questo ambiente di suggestivo disordine artistico, scaldato da una
luce distesa che filtra dall’esterno attraverso la finestra, libri,
souvenir, bianchi cavalli a dondolo di legno, piccoli specchi ovali
di antiche tolette riflettono una coinvolgente atmosfera ovattata che
si distilla nella quiete, quasi in un lirico raccoglimento
d’ispirazione. E poi le bambole, le tante bambole d’epoca, di
pezza, di cartapesta. Bambole, dolci modelle dagli occhi stupiti,
curiosi, divertiti, commossi, molto spesso ammassate le une alle
altre come cantori di un grande concerto, che affollano le sue tele,
senza mai peraltro alterarne la presenza di piani o personaggi
diversi. E’ qui che Vittoriana ancora riesce magistralmente ad
inventare quella girandola di personaggi di oggetti e colori che si
fondono nel suo ideale universo e nelle sue tele come legati da
un’intima intonazione materica. Ogni cosa apporta all’opera
l’evocazione di una straordinaria serenità e di una delicata
purezza. Ci commuovono quelle maternità di tenera intensità, le
musicanti, le giocatrici di carte, quegli artisti di strada, veri
interpreti di una vita fuori scena, le sue nature morte con arpe e
violini, grandi conchiglie, sveglie dove lancette appena accennate
segnano il ritmo infinito del tempo. E poi fiori, coloratissime
ortensie, o grandi girasoli che si inchinano al calare del sole
quando… è subito sera come nella poetica filosofia di Salvatore
Quasimodo.” (Nicolina Bianchi).
“(…)
Ci sono le emozioni nei quadri di Vittoriana?Io li guardo e le sue
donne mi affascinano, le sue ragazze mi incuriosiscono, le sue
bambole mi inquietano…ci sono le emozioni. E se colpiscono me che
vivo a Mordano, in provincia di Bologna, come chi vive nel New Jersey
o nell’Arkansas, dove Vittoriana ha esposto con successo, allora
non sono s soltanto emozioni, ma emozioni forti. E poi c’è
qualcos’altro. Una strana magia per cui quell’emozione provocata
da bizzarre combinazioni di segni, suoni nel tempo o forme colorate
fa da esca per qualcosa che esplode dentro, si allarga e potrebbe
continuare all’infinito, come il Big Bang. (…). Ci sono le storie
nei quadri di Vittoriana. Forse non sono le stesse per nessuno, ma
non importa. Forse sono tutte diverse per ogni persona che guarda,
come lo sono le emozioni e come è giusto che sia. Quando guardo e
sento, immagino e mi chiedo, a Mordano come nel New Jersey, allora la
cosa funziona. E’ questa la magia”. (Carlo Lucarelli)
“(…)
L’artista, se è artista vero, diventa regista di una sua personale
drammaturgia, capace di trasmettere al pubblico idee e sentimenti.
Dopo avere delineato scenografie, arredi, luci e colori il
regista-pittore può trarre personaggi e storie da un immaginario
scrigno alchemico che contiene risorse infinite: la natura, la
storia, la tradizione, i ricordi, i sogni, i simboli…Ecco allora
che, all’interno dei confini misurabili e chiusi della cornice, il
pittore diventa demiurgo e reinventa il mondo secondo la propria
sensibilità e i propri ritmi interiori. Vittoriana Benini conosce
bene questa straordinaria facoltà e la esercita con una discrezione
e una concentrazione tutta femminile, con una sensibilità attenta e
paziente che sa scoprire le sfumature e la profondità dei ricordi e
recuperare dallo stock della memoria e dell’infanzia figure
emblematiche e suggestive”. (Valter Galavotti)