18.12.09

Sempre più urgente una rivisitazione della stampa di settore e un potenziamento delle radio e tv “etniche”, nonché l’avvio di un’informazione “di ritorno”
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“C’è un’emergenza comunicazione per gli italiani nel mondo”: a lanciare l’allarme è la giornalista e studiosa triestina Laura Capuzzo nel prossimo numero di “Tigor”, rivista on-line del Master in Analisi e gestione della comunicazione, attivo presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Trieste.Capuzzo, che da anni si occupa di informazione italiana all’estero ed ha promosso importanti iniziative sul tema a livello nazionale e internazionale, parte da una disamina dell’attuale situazione, caratterizzata dalla presenza di centinaia di testate sparse in tutti i continenti. Si tratta perlopiù di giornali, sorti in genere per rispondere al bisogno degli emigranti di mantener vivo un legame con il Paese d’origine, cui nel tempo si sono aggiunti programmi radio, televisioni, agenzie e, più recentemente, forme nuove di comunicazione realizzate attraverso Internet.I cambiamenti sociali ed economici intervenuti negli ultimi decenni e l’affermarsi, per quanto lento, di una nuova visione della presenza italiana nel mondo, considerata non più come un problema, ma come una risorsa per il “sistema Italia”, impongono però nuovi compiti ai media italiani all’estero rispetto al passato. “Se vogliono sperimentare il futuro, essi - sostiene Capuzzo - devono riuscire a farsi interpreti di un’alternativa culturale e porsi come strumento di rilancio economico. Ne deriva, in questo momento, un’emergenza comunicazione per gli italiani nel mondo, che implica da un lato una rivisitazione della stampa di settore e un potenziamento delle radio e tv ‘etniche’ e, dall’altro, una loro collaborazione per favorire la conoscenza, in Italia, dell’attività dei connazionali nel mondo. Tutto ciò – secondo Capuzzo - è urgente che avvenga. Altrimenti, in un’epoca che tende sempre più all’omogeneizzazione, c’è il rischio di una perdita di identità, se non di morire poco a poco”.
A supporto di questa nuova strategia della comunicazione, servono interventi mirati, a cominciare da un progetto politico organico in questo senso e da una revisione della normativa statale riguardante l’assegnazione dei contributi. Ma non solo.“In primo luogo - suggerisce Capuzzo - va incentivato l’uso della tecnologia che, annullando le dimensioni di tempo e spazio, ha dischiuso per gli italiani nel mondo opportunità insperate. E poi va ulteriormente valorizzata la dimensione regionale dell’informazione, soprattutto per introdurre nei giornali locali che escono in Italia, la cosiddetta ‘informazione di ritorno’, un’informazione regolare, costante, non episodica circa l’attività dei corregionali che stanno al di là del confine”. Altri settori da coltivare sono quello dell’informazione di carattere economico e tutto quanto ruota attorno alla promozione della lingua e della cultura italiana. Ma soprattutto non vanno trascurate, secondo la studiosa, le tendenze, le scelte delle giovani generazioni, che guardano all’Italia con occhi diversi dai padri o dai nonni e che chiedono di poter interagire con i loro coetanei residenti. “La formazione dei giovani comunicatori si rivela quindi estremamente importante - secondo Capuzzo - al fine di delineare un nuovo ruolo per l’informazione italiana nel mondo ed anche al fine di sprovincializzare l’informazione di casa nostra. Formare gli operatori della comunicazione nell’ottica di un nuovo rapporto con gli italiani nel mondo, significa poter disporre di professionisti da un lato (quelli in Italia) sensibili alle tematiche internazionali ed in grado di valorizzare la presenza italiana nel mondo, e dall’altro (quelli all’estero) capaci di trasformarsi in canali di accesso privilegiato alla realtà dei Paesi d’accoglienza. E’ sulla capacità delle Università e delle Scuole di giornalismo di saper trasferire su un piano operativo queste esigenze - conclude Capuzzo - che si gioca il futuro”.Italia chiama Italia