28.2.10

Nabito lancia la filosofia del no living
Alessandra Faticanti e Roberto Ferito, architetti, amano definirsi “viaggiatori ed esploratori”. E a Barcellona hanno dribblato la paralisi romana.
“Era un giorno di settembre, le prime piogge acuivano il senso di stanchezza provocato dalla paralisi romana. Così, con poche provviste, ce ne andammo in cerca di avventura”. Inizia così la favola di Alessandra Faticanti (1975), studi tra La Sapienza e l’Ecole polytechnique Belleville di Parigi, e di Roberto Ferlito (1973) che ha completato la sua formazione tra La Sapienza di Roma e la Faculteit Toegepaste Wetenschappen di Gent (Belgio). I due architetti approdano a Barcellona, meta facile e attraente, convinti che “in Italia manca il senso della cultura contemporanea, una preparazione di fondo in grado di apprezzare e capire un modo particolare di porsi di fronte alla questione architettonica e urbanistica dei nostri giorni”.
Nasce così, nel gennaio del 2007, NABITO Arquitectura, dove NABITO è un neologismo formato dalla crasi della negazione Non e della parola Abitare. “Stiamo vivendo - spiegano - un nomadismo culturale che ci guida verso una rielaborazione ed un arricchimento delle nostre origini. Il non abitare è sinonimo di re-abitare o re-interpretare”. Uno studio all’insegna della freschezza, dinamismo, coraggio, senso civico e progressismo culturale e sociale: queste le parole chiave che Alessandra e Roberto associano al loro successo, insieme a “tanta volontà”, senza dimenticare “il contributo dei collaboratori e della stessa Barcellona”.
Il primo, ambitissimo riconoscimento, è il NAJA, Nouveaux album des jeunes architects Paris, un Premio internazionale in passato riservato agli architetti francesi, un marchio di qualità, un vero trampolino di lancio. Inevitabile il confronto con la realtà italiana. “E’ vero - riconoscono - si specula ovunque, ma in Italia mancano anche i buoni fini. Vogliamo dire che le realtà interessanti esistono, ma sono scollegate e materialmente non hanno alcun potere nell’opinione pubblica perché l’amministrazione e la politica le ignora, per incompetenza o semplicemente arroganza e arretratezza. L’Italia si è provincializzata, sembra che i nostri amministratori da un certo punto in poi abbiano smesso di informarsi, viaggiare, e non siano a conoscenza dei processi di cambiamento che caratterizzano le metropoli europee e le discipline che ne studiano i fenomeni di dinamica urbana e strategia territoriale. Siamo 40 anni indietro, ma siamo ottimisti, forse sta già cambiando qualcosa”.
E sul dibattito mai spento in merito alle opportunità che l’estero offre ai giovani, è Alessandra ad evidenziare il rapporto diverso che le nuove generazioni hanno con l’Europa. “Noi ci sentiamo europei non italiani, viviamo da dentro il fenomeno dell’immigrazione culturale, che non è più considerabile tale per il semplice fatto che l’Europa è la nostra nazione o meglio il nostro paese di origine. Le differenze culturali sono il pane quotidiano di studio e riflessione; proprio per questo il nostro lavoro è legato all’Italia, al Mediterraneo, a Roma e alle sue peculiarità. Ce ne siamo accorti a Barcellona e non a Roma”. Roberto è inoltre convinto che se fossero rimasti in Italia, il loro Studio non sarebbe mai stato classificato tra i migliori dieci secondo il premio europeo Le Nouveax Album e l’italiano Young Blood, ma anche lui ribadisce: “all’estero abbiamo scoperto e riutilizzato le nostre radici culturali”. Numerosi i progetti in cantiere che superano i confini spagnoli ed italiani, perché Alessandra e Roberto sono convinti “che la figura dell’architetto sia sempre stata quella di un instancabile viaggiatore ed esploratore”.


Giovanna Chiarilli – IL PUNTO