30.3.10

Papaya, beneficenza e dedizione

La famiglia Secco, di origini bellunesi, è tra i maggiori produttori sud africani del frutto esotico. Nel 2004 Giovanna ha vinto l’Italian Business Woman of the Year.

“I miei genitori sono di origini bellunesi”: è la prima informazione che Giovanna Secco fornisce, come a voler mettere subito in chiaro il suo “passato”. L’avventura dei Secco inizia in Australia grazie a papà Beppi nato a Caupo di Seren del Grappa. Nel 1949 torna in Italia per sposare Antonietta, di San Siro. Di nuovo in Australia dove nascono Denis, nel Queensland e, nel 1953, Giovanna a Sydney. Per gli intrecci non sempre felici del destino, dopo un breve ritorno in Italia, Giovanna e famiglia si trasferiscono in Sud Africa dove la zia possedeva le aziende agricole “Kudu farm” ed “Esperia Farm”.

“Era il 1970, noi, giovanissimi, e un patrimonio che la zia considerava sacro, costruito con amore dal figlio scomparso troppo presto. Non è stato facile, pochi soldi e nessun divertimento, non ci restava che lavorare tutto il giorno”. Difficoltà dopo difficoltà, i Secco hanno dimostrato di avere una mente votata al business. E in barba alle previsioni di altri uomini d’affari che li vedevano falliti, la loro è stata un carriera in ascesa. “Nel ‘70 – conferma Giovanna - avevamo 35 dipendenti, oggi sono oltre 400”, tanto da essere considerati tra i maggiori produttori sud africani di papaya.

“Durante la stagione spediamo ai supermercati 50-60 tonnellate di papaya ogni giorno”, e poi verdure e noci di macadamia vendute anche in Europa, Italia compresa, e Stati Uniti con il nome Ivory Macadamia, “durante l'ultimo raccolto ne abbiamo spedito all’estero 50 tonnellate, e per quanto riguarda il 2010, fino ad ora abbiamo raggiunto 70 tonnellate”. Ma i Secco non sono solo “business”, contribuiscono al sostentamento di trentamila bambini per lenire le piaghe della fame, così come “facciamo di tutto per garantire ai dipendenti ogni cura, la nostra ditta non ha mai discriminato un lavoratore affetto da AIDS”, altra piaga del Paese, e, grazie al suggerimento del papà, hanno costruito la San Siro School ed una chiesa, la St. Joseph.

Nel 2004 la Camera di Commercio Italiana di Johannesburg ha definito Giovanna Secco l’Italian Business Woman of the Year. “Con questo premio si è voluto dare un riconoscimento al ruolo che le donne ricoprono nel mondo del business, e forse è un po’ una rarità avere una donna di origine italiana nel business in agricoltura. E’ stato un momento molto importante, ero quasi in imbarazzo, ma poi ho deciso di accettarlo con orgoglio per la famiglia, il mio successo lo devo a tutti loro”. E Giovanna non dimentica suo fratello Denis, “è tornato a Sydney, dove gestisce un vivaio di rose e orchidee, ma segue sempre le nostre aziende”.

Un DNA particolare quello dei Secco, che ha reso speciale anche i figli ed i nipoti che si stanno preparando a continuare la dinastia. “Ci ha formato il carattere di papà, un uomo coraggioso che ci ha sempre dato la forza di andare avanti. Papà era allegro, positivo, ha trasmesso ai figli la nobiltà del lavoro, e nonostante alcuni grandi dolori, ci ha insegnato che tutte le difficoltà della vita si possono superare.

Ricordo la disperazione ad ogni grandinata che distruggeva il raccolto, e lui, “ragazzi, non è questo che può rovinare la vita, ad una grandinata si può rimediare. Avanti, su le maniche, si ricomincia”. Non perdersi d’animo, non arrendersi, sono caratteristiche del DNA dei Secco, “e l’orgoglio di quello che siamo, grazie a nostro padre che ci ha trasmesso l’amore per l’Italia e le nostre Dolomiti”. E per sentirsi sempre a casa, alle loro aziende hanno dato i nomi dei paesi del bellunese.

Giovanna Chiarilli - Il Punto