28.10.10

Un mare di giovani ha riempito Plaza de Mayo, in sostegno alla presidente Cristina Fernandez
di Goffredo Palmerini


BUENOS AIRES – Sono arrivato di buonora, stamattina, con il volo da Roma. Erano le cinque e mezza quando ho lasciato l’aeroporto Pistarini per il centro della città. Albeggiava con chiarori d’arancio, a levante, nella grande spianata su cui sorge la metropoli sudamericana, mentre l’altra parte di cielo attendeva che le prime luci dell’aurora mettessero in fuga le ultime tenebre della notte. Rapida consegna dei bagagli in un hotel del centro, sull’avenida Corrientes, e passeggiata mattutina in una città ferma nelle attività perché è il giorno del Censimento Nazionale. Tutti i negozi sono chiusi, Buenos Aires è quasi irreale rispetto a quella che ho conosciuto nelle tre precedenti occasioni. Pochissima gente in giro. Faccio un giro per Puerto Madero, il vecchio porto restaurato con cura come luogo di relazioni e di passeggio, lungo il canale che dall’estuario del Rio de la Plata penetra alla Boca, fin alle case colorate del Caminito. Da lì vedo un lato della Casa Rosada, il palazzo presidenziale che fa da quinta alla famosa Plaza de Mayo. M’avvio di lena, non ci vuole molto a passo svelto, alle sette e mezza sono là.

La piazza è vuota, solo qualche clochard disteso sulle panchine e qualche cane randagio. Poi, d’improvviso, dalla Casa Rosada esce il picchetto della guardia in alta uniforme diretta al pennone posto di fronte alla casa presidenziale, nei pressi del monumento dedicato al generale Josè de San Martin, l’eroe che diede l’indipendenza all’Argentina e alla parte meridionale del sud America, mentre di quella a nord s’occupava con successo Simon Bolivar. Assisto con interesse alla ceremonia dell’alza bandiera, mentre la tromba suona l’inno di rito e un militare fa lentamente salire una grande bandiera a strisce biancocelesti con un sole al centro, símbolo della nazione argentina, fino alla sommità del pennone. Ho voluto descrivere nel dettaglio la cerimonia, mi renderò conto che ho assistito ad un rito portato a termine in modo ordinario, perché quella piazza, dedicata al 25 maggio 1810 quando Buenos Aires dichiarò la sua indipendenza, due anni dopo che le truppe di Napoleone avevano occupato la Spagna, conoscerà ben altri eventi straordinari di lì fra poco.

Sono appena passate tre ore da quando ho lasciato la piazza, mentre la città viene colta dalla notizia dell’improvvisa morte, avvenuta a El Calafate, dell’ex presidente argentino, Nestor Kirchner. È stata la stessa presidente della Repubblica, Cristina Fernandez, riferiscono le prime cronache, ad assistere il marito e ad accompagnarlo in ospedale. Il paese intero ha reagito con un moto di dolore e di sgomento alla notizia della scomparsa dell’ex presidente, 60 anni, persona stimata per il forte carisma e per i notevoli risultati che la sua politica, non senza contrasti da parte del grande capitale e dei proprietari terrieri, ha saputo dare nei suoi quattro anni di mandato e nei quasi tre seguiti con la presidenza della moglie Cristina. Certo è  che un paese allo sbando economico, per le pesanti conseguenze per la crisi finanziaria degli anni precedente, con lui si è rimesso in carreggiata e oggi gode d’un tasso di crescita tra i più alti al mondo, intorno all’8 per cento. Importante scelte sociali hanno dato a tutti gli argentini la possibilità di una pensione, ha investito nella formazione scolastica e nella sanità, specie riguardo all’infanzia. Certo, queste riforme non sono passate senza un dazio, tanto che le classi abbienti e il grande capitale hanno diffidato del presidente Kirchner ed ora diffidano di Cristina Fernandez. Ma questa non vuole essere un’analisi politica, oggi non ho tempo di curare questo aspetto. Piuttosto voglio parlare da testimone, trovandomi per caso in un momento particolare e doloroso del Paese ad osservarne il comportamento. Tutte le reti televisive si sono dedicate alla notizia, con collegamenti in diretta e commemorazioni, ripassando le immagini degli eventi più significativi della presidenza Kirchner. Quella bandiera issata sulla sommità del pennone, come le tante altre degli edifici pubblici della capitale, sono scese a mezz’asta, listate a lutto. Tre giorni di lutto nazionale. La città è scesa per strada, quasi per una inmediata condivisione civile del lutto, mentre alla presidente Cristina Fernandez giungevano gli attestati di cordoglio da tutto il mondo. Plaza de Mayo, resa ancor più famosa dalle manifestazioni delle Madri dei desaparecidos, impegnate in una lotta d’amore per i 30 mila loro figli, dal 1976 imprigionati e torturati, poi fatti scomparire nel nulla dalla dittatura di Rafael Videla, già nella tarda mattinata - la morte dell’ex presidente è avvenuta alle 10 e mezza antimeridiane - si andava animando come luogo símbolo del lutto nazionale, con i cittadini d’ogni ceto che alle transenne poste a riparo della Casa Rosada hanno cominciato ad appendere cartelli, lettere, testimonianze d’affetto per Nestor Kirchner e d’incoraggiamento alla “Presidenta Cristina” ad andare avanti nell’opera di riforma del Paese.
A sera la piazza era piena come un uovo. Classe media, ma sopra tutto giovani, un mare di giovani con striscioni e bandiere, a manifestare affetto, solidarietà e voglia di lottare. Ho visto nei loro volti non smarrimento, ma una forte tensione morale che è specchio d’una speranza di rinascita, una voglia di futuro, d’una adesione di fondo ad un disegno di Paese, nuovo e moderno. Insomma, quelle sensazioni che da tempo nella vecchia Europa difficilmente si riescono a cogliere in mezzo ai giovani. Non c’era rassegnazione in quella piazza, ma una determinazione che fa comprendere quanto Kirchner abbia saputo profondere, nelle nuove generazioni, il senso della Nazione, in termini di prospettive di futuro e, in fondo, di fiducia nella classe politica dirigente. E non è casuale che questo sia accaduto, se proprio il presidente Kirchner ha saputo anche corrispondere all’insoddisfatto bisogno di giustizia nel Paese, operando perche` i responsabili dei gravi crimini politici durante dittatura Videla, con il generale in testa, finalmente finissero in galera. 
Dunque, in Plaza de Mayo un clima persino festoso, a supporto del governo argentino e della Presidente. Anche con qualche sorpresa, come l’arrivo tra la folla d’una cospicua delegazione di Madres de la Plaza de Mayo, con i loro fazzoletti, guidate da Estela de Carlotto, candidata al Nobel per la Pace. Manifestazione che man mano ha riempito anche le strade che confuiscono sulla piazza, un’autoconvocazione piena di coraggio e sentimento. Le reti tv, con i loro trespoli su piattaforme soprelevate, hanno dato in diretta, di minuto in minuto, conto della straordinaria manifestazione. Domani 28 è preannunciata la manifestazione di solidarietà dei sindacati, sempre in Plaza de Mayo. Sono qui nella capitale argentina per una serie d’incontri con associazioni abruzzesi e con l’Università di Buenos Aires. Poi, per i lavori dell’Assemblea del Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo (CRAM) che qui si svolgerà dall’1 al 3 novembre, organizzato dalla Fedamo, la più antica Federazione delle Associazioni Abruzzesi in Argentina, che quest’anno compie 40 anni d’attività, presieduta dall’avv. Alicia Carosella, componente del CRAM.
Infine, sono qui per partecipare, il 31 ottobre, al meeting delle Regioni italiane che hanno arricchito l’Argentina con il fenomeno migratorio, promosso dalla Municipalita`di Buenos Aires. Nell’occasione sono giunte delegazioni da diverse regioni. L’Abruzzo, gia` presente per il CRAM, ha portato anche prodotti dell’enogastronomia regionale e sussidi di promozione turistica da allestire in appositi stand, durante il meeting interregionale. Dal Brasile, grazie al progetto ByAbruzzo portato avanti con successo dalla Feabra, la Federazione delle Associazioni Abruzzesi in Brasile presieduta dall’aquilano Franco Marchetti, altri prodotti abruzzesi si sarebbero aggiunti all’esposizione. Giunge ora l’annuncio che questa manifestazione, per effetto del lutto nazionale, verrebbe fatta slittare d’una settimana. Ma di questo avremo modo di riferire in altra occasione.